25 agosto 2017

Tempi e luoghi dell'attività ludica

Forse nessuno vive una vita a più dimensioni come un bambino. L'esperienza ludica infatti,
indispensabile per la crescita e spesso dimenticata in età adulta, non è delimitabile in luoghi e tempi predeterminati, ma può assalire come esigenza imprescindibile in qualsiasi momento e luogo dell'esperienza quotidiana.
Perciò la città, se vuole rimanere vivibile ai bambini o, più in generale a quanti fanno dell'esercizio ludico un momento importante della propria esistenza, deve prevedere la possibilità che questo possa esservi esercitato con pienezza e sicurezza.
Purtroppo l'assunto che la città possa essere oggetto dell'esercizio ludico sembra cozzare con i processi evolutivi della società urbana.
I noti processi di ridefinizione di tempi e luoghi delle attività produttive, provocano infatti modificazioni anche nell'espletamento di attività legate alla non produzione: formazione, divertimento, attività ludica, riproduzione funzionale.
La logica di mercato, che interpreta l'essere umano come produttore/consumatore, ha interesse e tende a definire con esattezza e prevedibilità i tempi e i luoghi della non produzione alla stessa stregua con cui determina quelli della produzione.
Per questo motivo cerca di circoscrivere l'esercizio ludico producendc allestimenti e servizi(remunerabili) per il soddisfacimento delle esigenze legate al "tempo libero".

I luoghi destinati alla ricreazione e al divertimento non sono luoghi privi di fondamento, di aura, aperti a funzioni multiple e mutevoli, non luoghi, nella definizione di Auge ma luoghi specifici di produzione del tempo libero in cui si ricrea la dialettica produttore/consumatore necessaria allo sviluppo e al mantenimento dell'economia di mercato.
Questo fenomeno è evidente se si pensa ai parchi ricreativi tematici e acquatici o alle sale da gioco (fino alle moderne cattedrali del divertimento), ma coinvolge anche gli spazi urbani che tendono a separare in modo rigido le funzioni a cui sono preposti. Ciò avviene sia con la formazione di luoghi deputati al divertimento o al semplice relax, come sono, nella tradizione urbanistica dell'occidente industrializzato i parchi urbani, i campi gioco, le passeggiate panoramiche, e oggi gli stessi centri storici chiusi al passaggio veicolare e attrezzati per favorire il comfort e quindi la propensione all'acquisto dei suoi visitatori, sia con la formazione di microambienti, di isole nella città destinate al consumo e al divertimento.
Gli altri ambienti, il cosiddetto tessuto connettivo (nella visione organicistica della città), non sono luoghi né ambienti ma spazi che, in quanto non vocati ad attività diverse alla produzione e al consumo di beni, non ne sono adatti e perciò sono fonte di pericolo. Da questi spazi sono esclusi quanti non esercitano attività produttive o quanti per formazione personale, non interpretano le attività produttive e gli atti a queste connesse come momento autonomo, specifico, delimitato e assoluto rispetto alle altre attività della propria vita. Infatti le strade, i piazzali, i parcheggi, ma anche le vie pedonali e i giardini sono spazi dal significato univoco... finché un bambino non tira un sasso e rompe un vetro (cosa sempre più difficile: neanche i vetri si rompono più).

I bambini, gli anziani, le persone con temperamento artistico o esplorativo o ludico, per passare il proprio tempo libero, cioè il proprio tempo tout court, devono "recarsi lì", cioè compiere un'azione che è tipica dell'attività produttiva a cui sono estranei.
Questa riflessione ci porta a ritenere giusto e opportuno applicare i processi di progettazione e programmazione tipici per gli spazi e le attrezzature per il gioco agli altri elementi della struttura urbana.
In altre parole, nella progettazione urbana è opportuno considerare sia gli usi propri che usi impropri a cui possono essere soggetti gli ambienti e le attrezzature e, fra gli usi impropri, i più rilevanti e pericolosi sono gli usi per attività ludiche.
II pericolo deriva in primo luogo dallo stesso "giocatore"; l'azione ludica infatti è primariamente un'esperienza mentale che crea un mondo altro da quello reale e quindi porta a vivere gli oggetti che rientrano nel campo di gioco come altro da ciò per cui furono originariamente destinati.
A ciò il progettista può reagire in modi diversi:
- creare barriere di protezione che impediscano gli usi impropri;
- prevedere la possibilità di usi impropri e predisporre opportune protezioni;
- predisporre micro ambienti di gioco in luoghi destinati ad altre funzioni anche con lo scopo di distrarre dall'uso improprio di attrezzature altrimenti destinate;
- incoraggiare usi impropri predeterminati e progettare in modo complesso anche a livello di singole attrezzature.
Mentre nelle migliori progettazioni di strutture commerciali i primi tre obiettivi sono usualmente perseguiti, nella progettazione urbana spesso ciò non avviene, salvo casi esemplari
(Zurigo, Modena), in cui anche a livello di progettazione urbana è previsto l'allestimento di ambienti e attrezzature destinate all'infanzia integrati alle attrezzature convenzionali.
L'uso ludico delle attrezzature ad altro destinate invece non è mai accettato e tanto meno incoraggiato, con la conseguenza che si ingaggia una sfida a distanza fra bambini ed esercenti di attrezzature urbane, sfida volta a impedire l'uso ludico di qualunque cosa non sia a ciò esplicitamente destinata.
Le conseguenze della disattenzione nella progettazione e nell'arredo degli ambienti, rispetto agli usi ludici a cui possono essere comunque soggetti, sono, invece, numerose, varie e gravi.
Le fonti di pericolo se le si guarda con l'occhio del bambino o del genitore appaiono immediatamente.
Ad esempio i limitatori di traffico a telaio, oggetto di evoluzioni ginniche di bambini o adolescenti, sono spesso posti in prossimità di cordoli a spigolo vivo.
Le scelte dimensionali che portano alla costruzione di un semplice muretto di separazione, sono fatte indipendentemente dalla previsione che un bambino possa arrampicarvisi, e camminarvi in equilibrio.
I parapetti di scalinate sono progettati in modo da rendere desiderabile ma troppo difficilmente praticabile (dunque rischioso) lo scivolamento.
Gli spazi antistanti le scuole raramente sono di ampiezza tale e dotati di opportune protezioni rispetto al traffico veicolare in modo da consentire la sosta, le corse, le relazioni non normate (e spesso scatenate) a cui i bambini sono inclini al termine delle lezioni.
II controllo dell'adulto, oltre che non essere sempre desiderabile, spesso non è sufficiente e soprattutto, nell'ottica del progettista, non deve essere messo in conto né usato come alibi.
Pertanto, nel progetto urbano è necessario adottare soluzioni al fine, sì di garantire il corretto uso proprio delle attrezzature ma anche di:
- prevenire il rischio di infortuni in caso di inevitabili usi impropri;
- arricchire l'offerta di significati o del potenziale informativo veicolato dall'insieme urbano.
Il potenziale informativo, che differenzia una città grigia e anonima da una città desiderabile e ricca di significati, non si deve all'offerta di soluzioni per l'esercizio di attività di tipo contemplativo o legate al consumo o al comfort degli adulti, ma deve prevedere la possibilità dell'esercizio ludico, a sua volta vero e proprio moltiplicatore di significati.
Al contrario un progettazione integrata e complessa, che prevedeva l'uso ludico degli spazi e delle attrezzature urbane invece è spesso del tutto assente sia nell'ambito commerciale sia nell'ambito degli spazi destinati alla collettività.
Si noti che l'uso ludico di un oggetto è altro dall'uso errato di un oggetto: può essere fonte di rischio maggiore, dal momento che il rientro da una dimensione ludica, per il soggetto che le sta esperendo è molto più complesso e richiede tempi di reazione più lunghi della semplice correzione di un errore.
Riteniamo pertanto necessario che il progettista conosca in modo non solo intuitivo i rischi che sono connessi all'esercizio ludico indipendentemente dal fatto che uno spazio urbano sia destinato o meno ad attività ludiche, anzi, questa considerazione è tanto più necessaria proprio in quei percorsi che sono soggetti all'uso da parte di cittadini inclini all'attività ludica.
Esprimendosi in modo generico e limitato il campo alla fascia d'età che comprende l'infanzia e l'adolescenza, le principali attività ludiche che possono coinvolgere attrezzature e spazi urbani sono:
- osservazione ed esplorazione individuale;
- saggio di abilità motoria e di equilibrio individuale (saltare, scavalcare, camminare sul ciglio,
arrampicarsi, lanciare sassi, oggetti);
- saggio di abilità motoria di coppia o di gruppo (passarsi una palla, un sasso una lattina con i piedi
o con le mani);
- sfida agonistica corsa, lotta, spinte;
- azione ripetitiva estraniante (pestare le righe, contare) ;
- provocare e saggiare le reazioni degli oggetti e delle persone adulte incidere, provocare rumore, infrangere, sporcare e tutto ciò che passa sotto il nome di "vandalismo".
Tutte queste azioni, come è nelle esperienze di ognuno di noi, sono non solo prevedibili ma anche inevitabili. Ciò che si può evitare è che a queste azioni corrisponda un troppo alto livello di incognite.
Le incognite infatti costituiscono per il giocatore un rischio calcolato necessario affinché il gioco non risulti noioso e prevedibile (e quindi non sia esercitato a vantaggio di altri giochi più rischiosi).
Nella progettazione di campi gioco e di strutture per il gioco, infatti la principale attenzione è prestata al bilanciamento della quantità di rischio connesso al gioco stesso: è necessario che:
- la percezione del rischio sia evidente;
- il rischio non procuri eccesso di ansia;
- l'infortunio eventuale sia sopportabile e facilmente rimediabile;
- ci sia sempre la possibilità di sottrarsi al rischio uscendo dalla dimensione ludica;
- il tempo passato sotto stress sia limitato e commisurato all'età e alle caratteristiche dei soggetti che vi si sottopongono.
Perciò anche per i convenzionali elementi di arredo urbano l'elenco delle protezioni da predisporre nella produzione e nell'installazione dovrebbe essere normato da specifiche prescrizioni di capitolato alla stregua di quanto avviene per l'allestimento di campi gioco.
Vale la pena accennare al fatto che le protezioni possono essere:
- attive o passive, cioè corrispondere a impedimenti e controlli oppure ad artifici che limitino i danni o richiamino ad atti di autoprotezione;
- devono essere, dirette a prevenire e limitare non solo infortuni di tipo traumatico, ma devono comprendere la protezione sociale e la protezione biologica da infezioni, che come è noto, sono oggetto di sempre maggiore attenzione da parte degli abitanti delle città.
La presenza delle protezioni deve inoltre essere avvertita distintamente dagli adulti, in modo da limitare la tendenza all'autodifesa che spesso si risolve nell'autoesclusione da esperienze diverse, con conseguente peggioramento della qualità della vita e limitazione delle possibilità e della qualità di esperienze offerte all'infanzia.
In conclusione sembrerebbe pretesa assurda ed eccessiva progettare in modo integrato, prevedendo l'uso ludico degli spazi urbani, quando si pensa che gli stessi campi gioco non hanno quella qualità specifica che dovrebbe distinguerli.
Se è vero infatti che, soprattutto grazie alla spinta di organismi esteri o comunitari, la qualità e la sicurezza delle attrezzature ludiche è migliorata alla produzione (qualità e sicurezza troppo spesso vanificata da installazioni errate o mancata manutenzione periodica), è vero anche che l'allestimento dei campi gioco tiene in scarsissimo conto la qualità e il tipo di esperienze praticabili, l'integrazione con il complesso urbano, le caratteristiche pedologiche del sito, la natura del terreno, le caratteristiche di tutti i fruitori potenziali (accompagnatori, anziani, giovani, persone emarginate).
In una parola i campi gioco troppo spesso mancano di progetto proprio.
Riteniamo tuttavia che pensare ai percorsi e agli spazi urbani prevedendone in modo sistematico gli usi ludici e, in generale, gli usi impropri, possa essere un'ulteriore sintomo di maturazione civile della società oltre che una riconquista della complessità di significati ecologici sottesi in ogni ambiente urbano o naturale a cui la città mercantile e industriale ci ha disabituato.

Tratto da: Cristina Imbrò e Stefano Staro: "Tempi e luoghi dell'attività ludica" intervento alla  III conferenza internazionale "Vivere e camminare in città.andare a scuola", Università di Brescia, Pubblicato dalla Commissione Europea, 1996


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