15 settembre 2017

Piazza mobile per Via Milano


L'azione progettata consiste nel prendere un oggetto tipicamente quotidiano e domestico, una poltrona, e metterlo in strada, metterlo in viaggio lungo la via Milano, chiedendo la cooperazione dei passanti. La poltrona diventa parte della strada, diventa oggetto pubblico, agito dal pubblico. 
La poltrona nel suo viaggio lungo la via Milano è in una sola volta parte della strada, luogo pubblico, piazza mobile e contemporaneamente è oggetto domestico è casa. 


Piazza mobile: Diario di viaggio
Ho un aspetto normale, né troppo bella, ne troppo brutta, né troppo giovane, né troppo vecchia, né
troppo fragile né troppo forte.
Ho un aspetto normale, quotidiano, sono beige come il mio abbigliamento.
La poltrona è bianco/beige pure lei, anche lei è normale. E' una normale poltrona.
Io e la poltrona siamo ferme al semaforo per attraversare Piazza Garibaldi.
E' sabato mattina, sono le 10,30, in strada c'è parecchia gente.
Rosso-verde.... Rosso-verde...
Comincio
Mi scusi, mi può aiutare a portare in là questa poltrona?”
Ne come né perchè, lui che veniva in senso contrario capisce, forse dai miei gesti, prende un lato
della poltrona, io dall'altro e attraversiamo.
Ringrazio per l'aiuto, spiego che questa poltrona è come una piazza, dove le persone si incontrano e
si aiutano. Chiedo “ Cosa metterebbe lei in una piazza?”.
Mi guarda, capisco che non capisce, è straniero. “ Aspetta ti faccio vedere delle fotografie... è come
un catalogo per delle idee..”. Lui guarda, sorride e dice. “ Capisce!..Capisce!”. Gli do dei
pennarelli. Sceglie un verde. Disegna un uccello.
Non potevo crederci. Pensavo che nessuno avrebbe avuto il coraggio di disegnare su una poltrona
bianca in mezzo alla strada.
Il signore lì vicino sta guardando la scena e ascolta. E' incuriosito. Lo invito a prendere parte. Lui è
di Brescia, lo dice il suo accento. Ha già capito di cosa stiamo parlando. E' seccato perchè nessuno
rispetta le aiuole. “ Schiacciano l'erba, ci fanno sopra i pic-nic, ci portano i cani a sporcare!!” …
Si, ci vuole del filo spinato.” dice. Lo disegna sulla poltrona.
Cerco di discuterne, insisto un po' sul fatto che il verde è di tutti, come ogni spazio pubblico. Lui mi
risponde “ Sì, ma chi lo paga? Lo paghiamo noi!!” e se ne va.
Resto perplessa, non so se per le sue parole o perchè effettivamente, contro ogni mia aspettativa,
anche lui ha preso il pennarello e ha disegnato, del filo spinato, sulla mia poltrona.

Attenta, non è più la “tua” poltrona.

Con l'aiuto dei passanti, la poltrona caracolla lungo la via Milano.
Quasi nessuno si sottrae alla mia richiesta di aiuto, ma qualcuno, forse per la fretta, forse a disagio,
non intende disegnare.
Siamo in prossimità di un caffè, di un grande negozio di telerie per la casa, c'è anche un barbiere per
uomo.
Qui aumenta la presenza di figure femminili.
Le signore che incontro si dimostrano interessate al progetto, meno a spostare al poltrona.
Per loro in una piazza ci vogliono alberi, alberi e tanti fiori. L'acqua meglio di no che attira le
zanzare.
Inviate a disegnare si scherniscono “.. Oh no, non sono capace”, prendono il pennarello e
disegnano, disegnano alberi e fiori. Si prendono lo spazio sulla seduta della poltrona. Non temono il
foglio bianco. Arriva una giovane donna. L'aggancio. La ragazza ascolta seria, non dice una parola.
Prende qualche pennarello e sprofonda con la testa nella poltrona. Comincia a disegnare con cura
un bel fiore viola. “ C'è un verde più chiaro?”.
Passa una giovane donna con un passeggino. E' indiana: E' bella lei è bello il bambino. Occhi scuri
e dolci, bel sorriso. Non vuole.
Nessuna mi ha chiesto perchè lo fai?, perchè perdi il tuo tempo, perchè mi fai perdere il mio' Tutti
mi hanno detto: “ Grazie”.
Le donne , finito di parlare, finito di disegnare, sono andate via come distratte da un pensiero. Come
se l'incontro avesse attivato un pensiero che giaceva da qualche parte in fondo alla mente, come un
ricordo.. Ma non saprei dire di che.
Avanziamo.
Sono ferma.
Passa un signore, direi bresciano dall'aspetto. Gli sguardi si incrociano. Non è giovanissimo.
Guarda la poltrona. Gli dico “ E' una piazza”. “ Lei cosa ci metterebbe in una piazza?”.
Ma non ha niente di meglio da fare lei oggi?” risponde.
No, no, va bene così. Grazie lo stesso” gli dico.
Avanziamo
Incontro in sequenza tre donne mature. Direi dei paesi dell'Est.
Le donne dell'est si ritraggono al contatto. Lo sguardo corre alla mia figura, si ferma un attimo sulla
poltrona.
Due su tre hanno mal di schiena e non possono alzare pesi. La terza è di fretta.
Ti fanno capire che la tua richiesta ha qualcosa di sconveniente, di indecoroso, Che le cose non
vanno fatte così. Per lo meno lei si sarebbe organizzata diversamente.
Tre su tre se ne vanno, scuotendo la testa e lasciandoti lì, con un breve saluto borbottato.
Gli aiutanti si sono distratti, sono troppo allo scoperto, troppo vicini. Chiedo ad un signore dalla
pelle olivastra di aiutarmi a spostare la poltrona.
Lui vede gli altri e mi dice “ Con quanti siete qui, proprio io ti devo aiutare?”
Gli do ragione: Mi scuso. “Buongiorno”.
Avanziamo da sole io e la poltrona. Non so chi porti l'altra.
Lei è sola alla fermata dell'autobus deserta. Arrivo . Siamo davanti al cimitero. Il volto è serio, lo
sguardo ride. …. silenzio........ Le dico “ E' una piazza, la sposto con l'aiuto delle persone che
incontro.”.... Silenzio...” Cosa ci metterebbe in una piazza?” Le offro una manciata di pennarelli.
Lei si alza. Sceglie un pennarello rosso, disegna un cuore rosso sul bracciolo e dentro ci scrive DIO.
Mi chiede “ E tu cosa vorresti in una Piazza?”. Rispondo “ tanti amici”. Lei prende un pennarello
arancio. Disegna tante figurine che si tengono per mano e mi dice “ Per te” e me lo scrive sul
bracciolo.
Poi mi guarda. Mi dice “ Sono innamorata.... Tra poco mi sposo... Lui lavora”.
Siamo all'altezza del cimitero. Ore 13 circa. Non passa nessuno da un po'.
Arrivano due signori, sono stranieri, chiedo aiuto. Mi spostano, prendono la poltrona e partono di
corsa.
Gli sgambetto dietro, mi cade la borsa, sono senza fiato.. ma cerco lo stesso di spiegare.
Loro chiedono “ E' di Ikea vero? La poltrona”. E io, “si ma l'ho fatta rivestire perchè adesso è una
piazza”. Non ascoltano e io non respiro. Uno dice, “ Dai che andiamo. Io faccio il trasportatore da Ikea”. Dico Ok, va bene, però aspetta, vorrei farti vedere delle foto per una idea di piazza. Fermati
davanti a questo cancello. Lui “ Dai apri, te la portiamo su” io “ su dove?” Lui “ In casa!”....
Un saluto, una stretta di mano e se ne vanno. Non mi hanno fatto un disegno.

Avanziamo, un po' mi aiutano, un po' mi aiuto.
Di fronte all'Esselunga, c'è un banchetto: Raccolgono fondi: metà per i ragazzi arrampicati sulla gru, metà per i disoccupati dell'Ideal Standard, in cambio un sacchetto di arance bio.
L'avvicinarsi della poltrona crea una piccola perplessità. Io spiego il mio.. loro spiegano il loro.
Le tre ragazze hanno tante idee, già chiare, addirittura un progetto per una biblioteca autogestita con
il tetto coperto di erba.

Arriva un ragazzo vestito di un giallo fluò ed un bel sorriso. Non so chi sia più improbabile, se lui o
io. Mi dice aspetta, faccio una cosa e torno. Effettivamente arriva, andiamo un po' più in là, lui ride,
disegna, gli piace l'idea.

E' scuro di pelle, la faccia molto seria, cammina svelto. Gli chiedo aiuto. Lui non una parola.
Collabora.
La sensazione è che se i nostri connazionali leggono nella situazione improbabile una “ messa in
scena” sospettando una piccola macchinazione di tipo pubblicitario, di tipo promozionale ( “cosa
vuole vendermi”, “cosa vuole prendere da me”), lo straniero ti vede nella tua contingente necessità,
forse pensa che non sei stata molto furba a metterti in questo guaio. Però ora il guaio c'è e lui ti è
inciampato dentro. Capisci che pensa, dai muoviti, risolviamo questa situazione, non è poi così
grave.
Lui “ Dove la devi portare?”
Io “ In fondo alla Via”
Lui guarda verso l'orizzonte, nello sguardo un punto di perplessità? Disapprovazione ?
La sua mano prende il bracciolo, solleva la poltrona e se la carica su una spalla.
Lo fermo, gli dico, “ No aspetta... Insieme” e poi, “no, non fino in fondo, solo un pezzetto di
strada.. poi troverò qualcun altro”. Grazie.
Il ragazzo pakistano, inizialmente non vuole disegnare. Gli chiedo di scrivere qualcosa nella sua
lingua. Lui dice che è tanto tempo, otto anni, che vive in Italia e non si ricorda più come si scrive
nella sua lingua. Ha in mano un pennarello , inizia a disegnare qualcosa, parla a voce bassa. Mi
avvicino
.” Sai, quando sono qui, sento al telegiornale che nel mio paese ci sono tanti problemi, che ci
sono gli attentati... quando torno a casa... non vedo quelle cose , forse perchè torno alla mia
famiglia , forse sono distratto dagli amici. Forse quelle cose che dicono al telegiornale succedono
nelle grandi città.. forse da un'altra parte..”
Sono in due, sono egiziani, scherzano tra di loro. Dal catalogo guardano le foto, in particolare quelle
degli animali. C'è un riccio. Chiedo “ Come si dice riccio in egiziano” Me lo dicono, non riesco a
ripetere e subito dimentico.
Loro ascoltano i miei motivi, lo sguardo fisso sulla poltrona.
Ridono, forse è imbarazzo... poi uno di loro prende un pennarello, fa segni ampi sul retro, sullo
schienale della poltrona e comincia una scritta: Il suo sorriso è un po' un ghigno. Vedo che inizia a
scrivere con “ VIVA LA..” Temo il peggio. Finisce. “ VIVA LA PACIA”.
Mi guarda e dice “ Ci vuole la pace in una piazza”.

La strada avanza, il pomeriggio pure. La strada si fa stretta. La poltrona ingombra quasi tutto il
marciapiede. Loro sono in tre. Tre uomini adulti. Sono egiziani. Li ho praticamente abbordati. Mi
attraversa un attimo di preoccupazione. Starò generando un equivoco? Sono troppo disinvolta?
Spiego, mostro il catalogo di idee. Mi siedo sulla poltrona. Dico che da lì cambia il punto di vista
sulla strada. La strada è diversa. Faccio sedere uno di loro. Ridono e scherzano tra di loro, ma
sempre in italiano. Uno di loro si fa più serio, prende un pennarello e disegna un ramo di olivo e
dice “pace... In una piazza ci vuole pace”.
Parla di sua moglie e di Sara e Mohamed i suoi figli... “ Ci vogliono bambini, tantissimi bambini.
I bambini sono l'unica cosa pulita” e li disegna.
Sto trafficando con la poltrona, per avvicinarmi all'attraversamento pedonale con via Manara.
Lui è al semaforo. Mi guarda. “ Serve aiuto?” “ Si .Grazie”. Ricomincio la mia storia. Lui è molto bello. Si chiama Jesus è venezuelano. Cosa vuoi disegnare gli chiedo. Lui mi risponde “ Sono innamorato. Disegnerò un cuore” e lo fa.

Mi viene incontro. E' un ragazzo: Avrà diciotto-ventaanni. Si chiama Rochi è indiano. “ Una
mano?” “Si grazie”. Spiego, lui disegna. Io sono stanca. Lui no. Dice : “andiamo?”
Ci viene incontro una ragazza col piumino rosso. Ci fermiamo. Spieghiamo, lei disegna e sposta un
po' la poltrona con Rochi.
Rochi tiene duro. E dice andiamo?
La poltrona non è molto pesante ma molto ingombrante, senza punti presa, mi scivola, sono stanca.
Le mani, i polsi, le dita mi fanno molto male. Mi lamento.
Sono ancora con Rochi. Incrociamo altre persone. Altri giovani uomini, non si salutano tra di loro.
Sembrano estranei. Siamo all'altezza del fatidico civico 140.
Quando mi lamento, Rochi parla ad alta voce, nella sua lingua, senza girarsi. Alle mie spalle, arriva
un altro ragazzo indiano. Camminava dietro di noi, non me ne ero accorta. Mi sposta deciso,
prende la poltrona, partono.
Rochi mi chiede “ Dove andiamo? In fondo a che cosa?”
Non aveva capito che andavamo in fondo alla via e basta.
Che eravamo quasi arrivati.
La sua disponibilità era molto più grande. piazza mobile.- il video della performance