14 novembre 2010

La gente chi l'ha sentita? (Brescia - Piano di recupero di Via Milano)


Le osservazioni presentate dai cittadini al Piano di recupero di Via Milano, e le conseguenti modifiche al progetto approvate dalle Commissioni Consiliari Urbanistica e lavori Pubblici-Ambiente potrebbero essere riferite in poche righe.
La volumetria a destinazione residenziale retrostante la Parrocchiale di Fiumicello si sposta da limite settentrionale del lotto al limite meridionale. L'edificio che fronteggia via Donegani, prima non classificato come degradato, e quindi non soggetto a incentivi per il recupero, nella nuova stesura viene inserito. Si ridefinisce il collegamento ciclabile fra Via Milano e Via Nicolini. Si nega la possibilità di sottoporre a ristrutturazione (quindi ad interventi potenzialmente invasivi) il complesso edilizio storico posto all'incrocio fra Via Manara e Via Milano … e così via.

Su ognuna di queste decisioni ci sarebbe molto da dire (e magari lo faremo), ma, finalmente, il progetto di recupero di un quartiere con sacche di evidente degrado (e dove c'è degrado c'è sfruttamento), un progetto che qualunque cittadino responsabile non potrebbe non salutare con favore (come fu per il Progetto Carmine) sarà a novembre sottoposto alla definitiva approvazione del Consiglio Comunale e diventerà esecutivo.Tutto bene? No. Dai dettagli si evincono intenti reconditi, si dice.
In questo caso sono proprio gli intenti a non essere espliciti. Le modifiche apportate al Piano di recupero di Via Milano sono derivate solo dalle osservazioni di alcuni proprietari di immobili che, giustamente, vogliono difendere il proprio patrimonio e, possibilmente trarre dalla circostanza il maggior vantaggio possibile.Ma la gente di Via Milano chi l'ha sentita? Dove sono le opinioni, i problemi, i desideri di ciò che resta degli operai, dei pensionati, dei lavoratori stranieri. Dov'è la vera identità di Via Milano, del quartiere della rivoluzione industriale bresciana, del quartiere dei lavoratori ieri immigrati dalle campagne, oggi immigrati da paesi extra-europei.
Che cosa garantisce che gli operai, i pensionati, i disoccupati, non saranno anche da qui espulsi e che, anzi, potranno trovare qui decorosi alloggi economici, luoghi di incontro ancora più familiari, esercizi pubblici che loro desiderano, panchine per sedersi senza dover consumare e spendere nulla.
L'intento che non emerge, ciò che non si dice ma che provocherà lo snaturamento di Via Milano è l'incentivazione del processo di gentrification che, attraverso operazioni di apparentemente innocuo lifting muterà il volto anche di questo quartiere come ha stravolto quartieri popolari di molte città italiane ed europee.Si aggiunga che il piano sociale che, come hanno ricordato i consiglieri dell'opposizione, doveva accompagnare il piano urbanistico, non è stato presentato e neanche accennato.Temo però che il piano sociale, quando e se ci sarà, si limiterà ad alleviare alcuni disagi conseguenti ai tempi della lunga cantierizzazione del quartiere.Ma le case operaie di Via Milano dove sono in questo piano? Le piazze previste dal progetto da quali edifici sono contornate? Da un circolo di lavoratori? Da un centro sociale? Da un centro religioso? Chi si fermerà in quelle piazze, e perchè mai dovrebbe fermarsi?L'unico edificio simbolico di Via Milano, oltre al cimitero e alla prospiciente chiesa dei Cappuccini resta il muro dell'Esselunga? (Un bresciano distratto può pensare di essere finito alla Volta, o a Sarezzo).

E gli accessi di due dei più importanti luoghi di lavoro della città (Caffaro – Ideal Standard) che fine faranno? La stessa delle fabbriche del Comparto Milano. La stessa dell'unico luogo di memoria e di promozione e produzione culturale progettato a Brescia negli ultimi vent'anni ovvero la stessa del Museo dell'Industria e del Lavoro (che è finito, per l'attuale Amministrazione “nel libro dei sogni”).C'è almeno un episodio di architettura su cui la gente possa discutere?Temo che dovremo rivivere la desolante esperienza che accompagna spesso l'attuale declinazione della parola identità, fra senile e demenziale ricordo del bel tempo che fu, postmoderna (postinutile) riproposta di fasce e cornici in pietra artificiale o di tetti in legno travi a vista, esposizione di simboli ostentati per escludere (Adro ... docet).C'è solo da augurarsi che i tecnici del Comune, nell' esercizio della loro funzione, possano difendere il poco che resterà dell'unica strada “moderna”, in senso storicamente europeo, di Brescia.
Inviato e pubblicato sul blog www.parlabrescia.it il 7 novembre 2010