17 giugno 2016

The floating piers e i benpensanti



The floating piers un primo effetto l'ha già generato: ha portato alla luce i "benpensanti" e i "benaltristi".
Spesso coincidono con i colti ignoranti, ovvero coloro che credono di saperne sempre un pezzetto più di te: in genere non sanno un tubo di quello di cui stanno parlando ma spostano il discorso su ciò di cui credono di sapere.
Il valore estetico dell'opera? "È opinabile e relativo" cioè "non lo so minimamente valutare, però i presunti costi sociali, gli effetti sul traffico, quelli sì". Il valore sociale delle arti partecipative, ove artista, opera e fruitore si con fondono? Ma neanche per idea, "è nulla di fronte all'allarme generato dalla possibile confusione determinata dall'ingresso libero e gratuito". "La sarneghera, la pioggia potrebbero rovinare l'evento... Con quello che è costato!" E non si considera che l'umiltà dell'artista (cioè la nostra) è e resta quella di piegarsi di fronte agli eventi naturali che ci sono e ci saranno sempre superiori.
Se almeno questi "benaltristi" avessero letto qualche dossier o fossero andati alla mostra sulle opere di Christo e Jeanne Claude, forse avrebbero colto nella poesia dell'opera degli ombrelli, il dialogo che si è creato con il paesaggio, restituito indenne ma donato a tutti noi con un'aura diversa e non consumato dalla banalizzazione della cartolina e dal distratto, invadente, distruttivo turismo della domenica, quello che crea parcheggi, pontili e parchi gioco. Il sonno della ragione genera chioschi.





22 maggio 2016

La Scuola di Atene di Raffaello, un aquestione di dettagli

Raffaello: un artista su cui non mi sono mai pienamente sintonizzato per quell'apparente assenza di dubbi, di tensioni, per quell'apparire un artista di corte, pronto a tradurre in immagini i contenuti proposti da altri; ma  sbagliavo.
Mi è capitato di riguardare con attenzione  la "Scuola di Atene" di Raffaello (cercavo un'immagine simbolica per un percorso di progettazione partecipata a cui stiamo lavorando).
Osservo, sempre più stupito, figura per figura, ornamento per ornamento, il grandioso affresco, in una selva di piedi in gran parte nudi che danno ognuno un proprio equilibrio alla persona, in una successione di  corpi in pose tutte diverse e tutti mossi da pensieri, curiosità, tensioni interne.
Individuo un gruppo, a sinistra, che comprende bambini, giovani, adulti, anziani.
La composizione, nella dinamica  delle linee e delle masse del gruppo converge su Pitagora, ai cui piedi su una lavagna, sono  rappresentati i rapporti armonici nella versione di Zarlino, suggellati dall'affermazione della tetraktys, come simbolo della verità dei numeri.
E dietro Pitagora sono altrettanto impegnati in speculazioni terrene Epicuro e Zenone, l'altra faccia della verità.
E' un gruppo che comprende personaggi poco ortodossi: Ipazia (donna) e Averroè (arabo), conquistano un posto di rilievo nell'affresco che celebra la ricerca razionale del vero.
Mentre tutti sono intenti allo studio, al dialogo, alla ricerca, i soli che ci guardano, che osservano le nostre reazioni, che ci interrogano, oltre a Ipazia sono i bambini: non sono lì per apprendere, ma posseggono già la verità.
Raffaello non è solo un fine illustratore di programmi politici e retorici scritti da altri, non dipinge sotto dettatura:
la chiarezza con cui rappresenta le idee, anzi "l'idea", la compassione con cui anima i corpi, con cui fa vibrare i colori è maestria assoluta e senza tempo.